L’INCREDIBILE VICENDA DELLA MIROGLIO. IN 180 SI AFFIDANO AD UNO SPOT SUL WEB.
Il link al video diffuso sul web e ripreso anche dal Quotidiano di Puglia |
QUOTIDIANO DI PUGLIA 30 MARZO 2014
di Nicola NATALE
Ancora una
volta, sono stati i “miroglini” a
prendere in mano il loro destino.
E lo hanno fatto con un video realizzato da
uno di loro, Massimo Doro, per dire che, se si vuole, si può ancora produrre in
Italia e più specificatamente al sud. L’annuncio di un intero grandissimo
stabilimento disponibile a costo zero a Ginosa, in provincia di Taranto, ha
fatto il giro del web ed è poi approdato grazie a Corrado Cenci, un altro ex
dipendente del gruppo Miroglio di Alba (Cuneo) al tg3 nazionale.
Ora il gruppo
di ex dipendenti denominatisi appunto miroglini, si sta dando da fare per
cercare traduttori affidabili. Perché gli imprenditori, quelli che davvero hanno
la solidità finanziaria, non é detto che parlino italiano.
L’annuncio è un vero
e proprio spot che in meno di tre minuti dà le coordinate principali dello
stabilimento che fino al 2009 è stata la sede della “filatura e tessitura di
puglia”, un investimento del gruppo piemontese Miroglio finanziato con i fondi
della legge 181 del 1989 per la reindustrializzazione delle aree di crisi
siderurgica.
Reindustrializzazione che in cambio di 48 miliardi a fondo perduto
e 56 a tasso agevolato promise e realizzò l’assunzione a tempo determinato di
circa 450 dipendenti suddivisi tra lo stabilimento di Ginosa più grande e
quello di Castellaneta, sempre in provincia di Taranto, più piccolo.
Anche
quest’ultimo è in via di acquisizione da parte del comune di Castellaneta per
concorrere al ritorno al lavoro dei circa 180 dipendenti rimasti, quasi tutti
quarantenni.
Dal 1996 anno dell’avvio della produzione al 2009, le fila si sono assottigliate, alcuni
sono passati alla vicina sede ginosina della Tbm, produttrice anch’essa di
tessuti greggi, altri hanno deciso di intraprendere altre strade.
Per 180 di
loro però la fabbrica è entrata nel sangue, ha costruito la loro identità e in
nessun modo hanno voluto perderla, nemmeno quando “la portaerei” come la
chiamava Giampiero Calorio uno degli storici dirigenti dello stabilimento è
affondata sotto i colpi della globalizzazione spinta e della decisa sterzata
del gruppo verso la valorizzazione commerciale dei suoi asset (2mila negozi
monomarca, 8 marchi nel settore pret a porter e fast fashion).
Da allora la politica
è entrata a mani basse nello stabilimento (non che prima non ci fosse) ed è
stato un susseguirsi di colpi di scena prima con gli annunci tesi prima a
ritardare il fermarsi dei telai che producevano a ciclo continuo, poi a cercare
nuovi investitori attraverso tutti i canali possibili.
Ministero dello Sviluppo- Roma |
Da quello ufficiale,
presso il ministero dello sviluppo attraverso la regia della unità gestione
vertenze a quelli informali messi a disposizione dall’azienda piemontese
attraverso la Wollo, una società di consulenza specializzata in questo tipo di
resurrezioni industriali.
E sotto gli occhi sempre attenti, dei miroglini sono
passati, i progetti industriali di Intini, Be4Energy, Marcolana e Q.bell per
parlare solo di quelli avallati ufficialmente anche dalla task force regionale.
Tutti interrotti clamorosamente quando le verifiche e gli impegni sono andati
sul concreto.
Anche perché c’è da riassumere in maniera prioritaria ed
esclusiva (e a tempo indeterminato) i centottanta volenterosi che in tutti i
modi hanno difeso lo stabilimento da speculatori di ogni risma, con l’occhio
attento agli incentivi regionali piuttosto che a determinare un nuovo indirizzo
produttivo di questa ennesima cattedrale non nel deserto, ma nel bel mezzo di
terreni agricoli fertilissimi.
L'articolo del Quotidiano di Puglia |
Dal 13 marzo 2014 lo stabilimento è ufficialmente di
proprietà del comune di Ginosa, con tanto di atto notarile. Insediarsi in
contrada girifalco, area agricola divenuta industriale grazie ad una legge
regionale ad hoc, sarebbe un affare suggeriscono gli ex operai, anche per la
presenza di una cabina primaria di trasformazione e di un punto di immissione per
la produzione di energia elettrica.
Punto non indifferente lo stabilimento può
essere spezzettato in circa dieci unità produttive che potrebbero davvero
diversificare la monocoltura tessile senza alcun indotto portata da Miroglio. L’obiettivo é dare una nuova speranza a questi quarantenni tenaci che hanno
assicurato record produttivi e turnazioni su ventiquattro ore trovandosi poi
nel bel mezzo della loro vita lavorativa a guardare malinconicamente le lettere
“filatura e tessitura di puglia” staccate una ad una dal muretto di cinta
dell’ingresso.
E’ una storia che merita di avere un lieto fine.
Per il momento
però è tutto fermo alle “due, tre imprese" che secondo l’assessore regionale al
lavoro Leo Caroli "avrebbero i criteri finanziari ed industriali per
insediarsi”.
Gli altri imprenditori che in maniera informale hanno contattato
gli ex operai autori del video non sono usciti allo scoperto ed i primi a
tutelare il riserbo sono proprio i miroglini.
La fase è troppo complicata, le
delusioni troppe per dare in pasto ai media nuovi nomi, senza ancora un valido
progetto industriale. Perché è a quello che mirano nonostante tutto.
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