NATUZZI, ENNESIMO RINVIO AL 17 SETTEMBRE. SLITTA FORSE LA MOBILITA’.


L'annuncio degli esuberi lo scorso 1° luglio 2013
QUOTIDIANO DI PUGLIA 6 SETTEMBRE 2013
di Nicola NATALE
Trattative complicate tra Natuzzi e sindacati per il destino dei 1726 lavoratori in esubero denunciati dall’azienda di Santeramo in Colle.  L’incontro del 5 settembre presso federlegno a Roma si è concluso con la sottoscrizione di un verbale di mancato accordo e con il rinvio di altri 11 giorni. 
Il nuovo appuntamento è fissato per lunedì 16 settembre alle quattordici al ministero dello sviluppo economico, con il probabile rinvio della mobilità, decisione che però spetta al ministero del lavoro. Fissato anche un ulteriore incontro per il 24 settembre prossimo alle quindici
Silvano Penna,
segretario regionale fillea cgil
Troppo alto è il numero delle persone senza reddito nel triangolo Santeramo, Matera, Ginosa e questo a detta di Silvano Penna, segretario regionale della fillea cgil “è un’arma che la Natuzzi ha fin troppo utilizzato”. 
Le riflessioni del sindacalista sono state particolarmente caustiche, non tanto per il valore del brand “ormai sopravvalutato e bisognoso di attestarsi su un livello di prezzo medio-alto lasciando intatta la qualità anzi migliorandola”, ma anche per i meccanismi decisionali "accentrati tutti nella sola figura del presidente e fondatore del gruppo"
Il rapporto qualità/prezzo deve alzarsi ancora per poter competere sui sovraffollati e difficilissimi mercati europei. 
Le questioni che tengono lontane da un accordo azienda e sindacati non sono state ancora risolte nemmeno ieri, prima tra tutte la riduzione degli esuberi. 
Pasquale Natuzzi,
presidente ed amministratore del gruppo omonimo
Su questo l’azienda non si è espressa, come nulla avrebbe detto sulla possibilità di riportare in Italia la linea di divani per la quale era stata concessa ulteriore cassa in deroga e sull’incentivo per agevolare l’uscita volontaria dei lavoratori. 
Non è stata chiarita nemmeno la cifra complessiva che il gruppo quotato a Wall Street è disposto a mettere sul piatto dell’accordo. 
Il ministero dello sviluppo dal canto suo ha detto dell’esistenza di imprenditori che costituirebbero delle new-co, delle nuove aziende in grado di riassorbire parte dei lavoratori in uscita dal settore del divano “ma senza che questo significhi riprendere con un contoterzismo mascherato, perché torneremmo ad avere esuberi tra un paio d’anni” aggiunge Penna.
Natuzzi per bocca del manager Giambattista Massaro sarebbe disposto a concedere l’uso degli stabilimenti. Anche perché questo consentirebbe forse di recuperare gli stabilimenti di Ginosa e Matera, la cui chiusura, pur osteggiata a livello istituzionale, è stata delineata nel piano industriale in discussione.
Da parte i loro i sindacati continuano a chiedere ancora strumenti come “cassa integrazione o meglio contratti di solidarietà per accompagnare l’accordo di programma e il rilancio del distretto anche con produzioni di tipo diverso”.
QUOTIDIANO DI PUGLIA DEL 6 SETTEMBRE 2013
articolo a pag.3 su NATUZZI
Il problema, ancora una volta, sono i numeri, non si sa ancora di quanti lavoratori avrebbe bisogno la Natuzzi riportando una linea di produzione in Italia (gli altri stabilimenti sono in Romania, Cina e Brasile) e quanti possono essere impiegati invece nelle imprese di nuova costituzione, in settori potenzialmente in sviluppo. 
Su questo il management Natuzzi si è riservato di dare risposte il 16 settembre anche se “i tempi della discussione cominciano a non esserci più”.
I sindacati dicono esplicitamente di non voler arrivare a fine mese senza un nulla di fatto, risposte richieste anche al ministero in merito alla prosecuzione della cassa integrazione e su come accompagnare i progetti industriali legati all’accordo di programma del 9 febbraio 2013. 
La sensazione secondo Penna “è che l’azienda abbia elaborato il piano sulla carta, senza predisporre le azioni conseguenti”.
E’ anche per questo che i riflettori sono puntati sul ministero dello sviluppo che, volendo, può farsi regista del salvataggio di un pezzo dell’industria meridionale. E soprattutto del destino di ben 1726 famiglie.

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