CACCIA ALL'URO NELLA GRAVINA DI GINOSA.
GINOSA - Il riparo dell'Oscurusciuto. (photo courtesy Anna Maria Ronchitelli-Università di Siena) |
di Nicola NATALE
Una storia che
dura da circa cinquantamila anni.
E un gruppo di esperti dell’Università di
Siena che prova a ricostruirla a Ginosa, centimetro dopo centimetro, da sedici
anni. Qui, lungo una parete della gravina non caratterizzata da insediamenti di
età storica, dal 1998 indagano un antichissimo riparo con numerosi livelli del Paleolitico medio.
In questi giorni (24 ottobre)
é terminata l’ulteriore campagna di scavo guidata dalla professoressa
Annamaria Ronchitelli e dal professore Paolo Boscato dell’Università di Siena,
in collaborazione con la locale Soprintendenza per i Beni Archeologici*.
Il sito
è ancora quello dell’Oscurusciuto, traduzione italianizzata del termine
dialettale.
GINOSA - La campagna di scavo condotta dall'Università di Siena in collaborazione con la Soprintendenza dal lontano 1998. (photo courtesy of Annamaria Ronchitelli-Università di Siena) |
Gli studiosi avanzano a strati di un centimetro alla volta in
un’area grande all’incirca 60 metri quadri e con uno spessore di più di cinque
metri.
Il ticchettio metallico dei piccoli strumenti di scavo è discreto ma
continuo.
Il riparo è posto relativamente in alto rispetto al fondo asciutto
della gravina nel tratto a nord che precede l’abitato attuale.
Non sono molti i
siti come questo in Italia contandosene una ventina, perlomeno tra i siti
stratificati con datazione sufficientemente sicura.
In Puglia ce ne sono almeno
tre: l’Oscurusciuto a Ginosa, la Grotta del Cavallo a Nardò e la grotta di
Santa Croce a Bisceglie.
Uno dei più interessanti è proprio il sito di Ginosa
con un livello in corso di scavo salvato da materiale vulcanico che ha di fatto
sigillato un accampamento così come era stato abbandonato dai Neandertaliani
circa 55mila anni fa.
Ma cosa facevano i Neandertaliani di Ginosa?
Principalmente
cacciavano, a giudicare dalle numerose ossa di animali rinvenute. E in quei
tempi l’animale più cacciato era l’uro, un grande bovino ormai estinto.
Il probabile ma non sicuro aspetto dell'uro (bos primigenius taurus) (fonte wikipedia) |
Un
animale non particolarmente facile da cacciare soprattutto tenendo presente la
stazza (circa 2 metri al garrese), il temperamento molto aggressivo e le armi
di cui disponevano i nostri cacciatori.
Durante le indagini sono stati rinvenuti
anche i resti di antichissimi focolari allineati alla parete di fondo del
riparo e, naturalmente, strumenti litici come raschiatoi e punte, alcune delle
quali sono possibili armi da getto.
Un grande focolare collocato verso nord,
sulla cui natura si sta indagando, ha un raggio di circa due metri.
La zona
all’epoca aveva un clima tendenzialmente arido e temperato, compatibile non
solo con la diffusione degli uri e dei cavalli nelle praterie arborate, ma
anche di cervi, daini e caprioli presenti nelle zone forestali.
Ma non erano i
soli animali cacciati: sia pure in due soli esemplari sono stati anche
rinvenuti frammenti appartenuti ad un leone e ad un lupo.
I resti di quegli
animali venivano smembrati nel luogo di caccia e poi portati su al riparo.
Si
tratta dell’alba dell’uomo e fa un certo effetto pensare alla storia
lunghissima della gravina di Ginosa.
Davvero in certi momenti si vorrebbe che fossero le
pietre a parlare.
In realtà solo con l’analisi scientifica e la passione
bruciante per la preistoria dimostrata da questo gruppo riusciamo ad avere
squarci sui tempi che ci hanno
preceduto.
* con un contributo del Comune di Ginosa pari a 3mila euro (d.g.c. n°305 del 11/12/2013)
GINOSA - Il ponte di accesso all'Oscurusciuto nel 2012. Attualmente l'opera realizzata con fondi europei non esiste più travolta dalla forza dell'alluvione dell'ottobre del 2013 |
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