ASECO, PER RIDURRE MIASMI NUOVO IMPIANTO, MA PIU’ CAPACITA’. No unanime dal Consiglio comunale e dai residenti in contrada Lama di Pozzo.


Aseco, la zona di bio-ossidazione.
QUOTIDIANO DI PUGLIA 3 MAGGIO 2014
di Nicola NATALE
L’Aseco, stabilimento strategico e gallina dalle uova d’oro. 
Per questo l’idea di spostarla  o quantomeno annullarne le emissioni   - come vorrebbero i tanti residenti di contrada lama di pozzo esasperati dalla puzza, dalle mosche e dai ratti - è fuori discussione. 
Anzi, nella mattinata di ieri il consiglio comunale si è nuovamente riunito per discutere della proposta di “ri-funzionalizzazione ed ampliamento”. E per chiarire che l’ufficio tecnico ha già risposto picche alla richiesta della Regione Puglia di consentire una deroga alle norme vigenti.
Norme per cui quell’impianto in quella zona non avrebbe proprio dovuto esserci.
Un momento della seduta del 2 maggio 2014 su Aseco.
"Un eccesso di democrazia" secondo il cons. com. Stefano Notarangelo
Una prima autorizzazione come è noto risale ai tempi dell’amministrazione Costantino (1993-2001) e poi è stata perfezionata con procedura ordinaria dal servizio ecologia della provincia di Taranto nel novembre del 2005. 
Da allora non c’è stata mai pace tra i residenti della zona e  la proprietà prima privata,  poi pubblica (Aqp) dell’impianto che tratta fanghi agroalimentari e biologici (da depurazione) e potature vegetali per farne compost di qualità. 
Un’area, quella di Lama di Pozzo di coltivazioni intensive e residenze di campagna tra Ginosa e Marina di Ginosa che ha subito un consistente deprezzamento proprio per le continue emissioni odorigene che pure il management aveva promesso di ridurre dopo parecchi incontri avvenuti anche in provincia di Taranto. 
L'ing. Vincenzo Romano (aqp)
l'amministratore unico di Aseco
Pertanto ieri il consiglio comunale ha ribadito il suo no all’ampliamento.
L’ing. Vincenzo Romano, responsabile per conto di Aqp dello stabilimento Aseco,  nel suo intervento (contestatissimo) si era sforzato di motivare adeguatamente la richiesta di ampliamento.  
Ricordando prima l’importanza e la strategicità di queste stazioni per la presa in carico di fanghi di depurazione e frazioni umide e poi la "necessità di allargarne una parte e chiuderne un’altra per arrivare a chiudere completamente il circuito e ridurre al minimo le emissioni odorigene".  Di cancellarle del tutto non se ne è parlato. 
Nel corso del Consiglio si è parlato anche della possibilità di installazione di un reattore anaerobico, dove maturazione e trasformazione del compost e la maturazione possano avvenire senza ossigeno.
Attualmente sembra che questa sia una delle migliori tecnologie disponibili ma, come è già avvenuto per la Progeva di Laterza, la contropartita richiesta è un’allargamento della capacità produttiva.
Una delle foto pervenute da uno dei residenti
delle acque presenti nel suo terreno.
L’Aseco ha ribadito inoltre di praticare tariffe molto vantaggiose al comune di Ginosa ma questo se possibile ha esacerbato ancor di più gli animi dei cittadini presenti: “paghiamo per intero la nostra tassa rifiuti, non abbiamo bisogno di sconti in cambio di un’ambiente invivibile”. 
Il nodo ora è capire se Aseco può comunque sorpassare il parere negativo del Comune anche motivato nuovamente con le indicazioni di merito fornite dal nuovo responsabile urbanistico arch. Venneri.
L’impressione è che l’Aseco sia diventata troppo importante nel processo di smaltimento di fanghi di depurazione e frazioni umide per subire anche una temporanea chiusura o addirittura un cambio di residenza. 
Tra l’altro difficilmente ipotizzabile in un territorio come quello ginosino, ampiamente coltivato ed antropizzato. 
Aseco,
l'articolo del Quotidiano di Puglia del 3 maggio 2014
Resta un fatto però: i processi ancora oggi non si svolgono completamente al chiuso e la puzza è insopportabile secondo i cittadini. 
Per cui la risposta, provocatoria quanto si vuole, è stata questa dal pubblico: “trasformate l’impianto con le attuali capacità, vediamo cosa succede e poi si può pensare ad un ampliamento”. 
Sarà un ulteriore caso di sindrome nimby (non nel mio giardino) ma  provatelo a spiegare a chi in quella bella contrada ci ha fatto una villa o aveva un reddito dalle sue coltivazioni, ora impossibili. 
Resta il fatto che la Puglia come tutta l’Italia deve smaltire in piena efficienza i suoi residui organici e forse la proprietà pubblica dell’Aseco può costituire una garanzia aggiuntiva. 
Anche se per tante altre realtà, anche vicine, non è certo andata così.

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