LA MIA PERSONALE, DISCUTIBILISSIMA IDEA DI VINO.
Vigneti Natale: un grappolo di primitivo in Cassano delle Murge (Bari). |
Produrre vino
oggi non é spremere l’uva.
Significa recuperare un rapporto con le nostre campagne,
con la nostra terra ed anche farsi delle domande sul modo in cui viviamo oggi.
Su come scegliamo di nutrirci e di
produrre quello che usiamo per mangiare e bere.
La sparo grossa: il vino oggi è
più un pretesto che un alimento. Un gioco più che una necessità. Quando, agli
inizi del 2000, decisi di re-impiantare assieme a mio padre il vigneto a
spalliera a sua volta impiantato da mio nonno materno, non pensavo che quella
passione mi avrebbe condotto così lontano. Come per molte altre famiglie di
estrazione contadina, era per noi naturale non abbandonare un vigneto le cui uve
erano parzialmente acquistate da decenni dalla stessa famiglia.
Un vigneto dal quale noi
stessi avevamo sempre ottenuto un primitivo eccellente che si distingueva per
il suo carattere secco ed elegante rispetto a quello dolce e sinuoso dei vigneti a primitivo allevati in Ginosa.
Una delle fasi della cura di un vigneto: la selezione dei rami detta potatura verde. |
Oggi quella tradizione
che ricordo con affetto e nostalgia non si ripete più, ma qualcos’altro l’ha
sostituita.
Alcuni miei carissimi amici romani mi hanno chiesto di partecipare
alla prossima vendemmia infondendomi nuovo entusiasmo.
In città (mediamente)
apprezzano molto il vino e chi lo produce, molto più di noi popolazioni ex
contadine che, per una serie molto numerosa e comprensibile di fattori, lo
snobbiamo.
Va detto che il consumo di vino oggi è in fortissimo cambiamento: da
alimento accessorio quotidiano a bevanda eventuale legata a momenti di festa e
di svago.
Chiaro che il consumo scenda ogni anno e non si abbia più bisogno di
quelle estensioni e di quelle rese considerate indispensabili fino a qualche
anno fa.
Si tratta di produrre quantità limitate di qualità eccelsa. Per questo avremmo bisogno tutti (produttori e consumatori) di conoscere maggiormente l’enologia.
Si tratta di produrre quantità limitate di qualità eccelsa. Per questo avremmo bisogno tutti (produttori e consumatori) di conoscere maggiormente l’enologia.
I produttori per confezionare un prodotto migliore nei casi in cui
l’annata non sia buona, i consumatori
per imparare a riconoscere e premiare un prodotto fatto con qualità ed
etica.
E’ un aspetto per nulla secondario nel consumo odierno e consapevole di
una bevanda dalla storia così ricca, lunga e complessa.
Negli ultimi tempi ci
si impegna anche a recuperare i vitigni tipici del territorio. Grazie ad una
lunga selezione ed adattamento questi ultimi danno subito i risultati migliori
senza aver bisogno di particolari concimazioni o trattamenti.
Ma, al di là
degli aspetti della coltivazione che pure appassionano tantissimo i coltivatori
e gli amanti del vino, metterei l’accento su quell’immagine del vino che oggi i
media ci trasmettono.
Fiorichiari Plates in Brera (Milano) |
Non solo ritrovi più o meno radical-chic in cui
sorseggiare vini costosi e di grande tradizione, ma anche semplice convivialità
di veri amici che si riuniscono attorno ad una buona tavola ed ad un buon
bicchiere.
Dico bicchiere perché chi fa un discorso di quantità è molto lontano
dal modo di bere e dall’accesso al mondo del vino che i vignaioli vogliono
proporre.
La conoscenza del prodotto, della maniera in cui è ottenuto - quando
non direttamente del produttore - diventa perciò essenziale per assicurarsi
l’artigianalità del procedimento e il suo legame effettivo con il territorio.
E’ una maniera come un’altra per assicurarsi la cura delle campagne e la
bellezza del territorio mediterraneo celebrata più dalle immagini che nella nostra
pratica di ogni giorno. E in fondo anche perché, come diceva Johan Wolfgang
Gohete, “la vita è troppo breve per bere vini mediocri”.
Primi approcci alla promozione del vino. Ottobre 2002 (photo Erasmo Mazzone) |
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