CURARSI MANGIANDO. LA FRONTIERA NUTRACEUTICA.


Nutraceutica, conferenza dei lions di Castellaneta
di Nicola NATALE
Mangiare di meno e meglio per stare in salute. O in alternativa curarsi mangiando.
E’ questa in sintesi la nuova frontiera della ricerca biomedica. 
A parlarne il ventidue febbraio scorso, in un’affollata conferenza a Castellaneta, il professor Emilio Jirillo, ordinario di immunologia presso l’Università di Bari.
Al convegno promosso dai Lions di Castellaneta (presidente Rosa Maria Massimeo) in collaborazione con i club di Massafra/Mottola, Ginosa e Crispiano presso il palazzo baronale di Castellaneta hanno collaborato anche Cia, Confagricoltura, Ajprol e Coldiretti. 
Non a caso, perché una possibile evoluzione del comparto agricolo potrebbe proprio trovare nella “nutraceutica”, cioè nella nutrizione farmaceutica, uno degli sbocchi. Ma sono scenari futuribili e pertanto Quotidiano di Puglia ha preferito intervistare chi su questo campo è impegnato da anni.
Emilio Jirillo
immunologo
Università di Bari
Professor Jrillo, attualmente su cosa si è orientata la ricerca nel campo biomedico? 
Bisogna partire dal fatto che le malattie collegate all’alimentazione ipercalorica sono in aumento.
In particolare obesità, diabete, neuro degenerazione, incidenti cardiovascolari derivano da un’alimentazione incongrua basata su grassi e proteine animali.
La scienza in questo momento è orientata a cercare non tanto nuovi farmaci ma nutraceutici, cioè prodotti naturali come l’olio extravergine di oliva, pesce, vino, frutta e verdura o integratori aggiunti negli alimenti.
Studiando questi alimenti a quali conclusioni siete giunti?
I nostri studi si basano sull’estrazione di polifenoli dal vino rosso, in particolare dal negro amaro e dal nero di troia o dalle vinacce. Queste molecole organiche naturali testate in studi in provetta, in animali e uomini sono altamente anti-infiammatorie. La somministrazione di questi prodotti previene malattie infiammatorie come l’obesità, il diabete e le malattie cardiovascolari.
Dove sono stati condotti questi studi?
All’Università di Bari, presso il dipartimento di immunologia. Un’altra parte è stata svolta assieme ad un gruppo giapponese di Tokio confrontando le vinacce pugliesi con quelle giapponesi derivanti dalla vinificazione dell’uva koshu. Anche qui gli studi hanno dato esiti positivi con maggiori indicazioni per le infiammazioni di tipo intestinale per quanto riguarda le uve giapponesi e migliore prevenzione delle allergie per le nostre uve.
Perché i polifenoli esplicano questa attività antinfiammatoria?
Tutto ruota intorno alla cellula t-regolatoria, fondamentale a livello immunitario intestinale. Questa cellula, attivata dai polifenoli, induce uno stato di anti-infiammazione. Questi risultati saranno presentati in un convegno internazionale di immuno-nutrizione a Carovigno in provincia di Brindisi  che si terrà dall’uno al tre di maggio.
Come sono nati questi studi e perché proprio in Puglia?
A Bari, l’immunologia ha un’antica tradizione e noi immunologi abbiamo lavorato parecchio sul tessuto immunitario intestinale. Abbiamo iniziato a vedere che il cibo funziona da antigene, cioè è riconosciuto dal sistema immunitario.  Di qui l’idea di testare queste sostanze naturali.
Quale applicabilità hanno queste ricerche?
Laddove viviamo una malattia infiammatoria cronica (come colite ulcerosa, morbo di krone) curata con medicinali costosi si possono ottenere gli stessi risultati con queste pillole liofilizzate.
In Giappone esiste un brevetto. Noi stiamo lavorando con Farmalabor di Canosa su un progetto euopeo e ministeriale con i polifenoli.
Si è iniziato con i test riguardanti malattie come alzheimer e parkinson e si proseguirà con i pazienti in sovrappeso. E’ essenziale a questo punto creare una cultura sull’uso di questi farmaci naturali.

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