LUCI ED OMBRE PER L’UVA DA TAVOLA. PESA LO STOP RUSSO.


QUOTIDIANO DI PUGLIA 27 AGOSTO 2014
di Nicola NATALE
Rimettere in piedi le aziende agricole alluvionate. 
E’ questo il senso del documento unitario sottoscritto a Castellaneta da sette sindaci del Tarantino ed inviato al presidente della regione Puglia Nichi Vendola ed all’assessore delle politiche agricole Fabrizio Nardoni perché destinino a queste i fondi della misura 5.2 del piano di sviluppo rurale. 
Ma cosa accede intanto all’agricoltura dell’ovest tarantino? 
Ne parla Giuseppe Rochira, agronomo, imprenditore agricolo nonché consigliere comunale a Castellaneta, il cui agro è da tempo specializzato nella coltivazione di uva da tavola.
Giuseppe Rochira,
agronomo ed imprenditore agricolo
Dott. Rochira ha mai pensato ad una forma di trasformazione e commercializzazione diretta dei suoi prodotti?
Sono troppo piccolo, bisognerebbe aggregarsi ma non è facile. Le cooperative sono fallite o in difficoltà economica. La grande distribuzione ha bisogno di soggetti grandi e conosciuti.
E fare un’operazione di nicchia, conviene o è solo un mito?
Può andar bene, ma solo per prodotti di altissima qualità. Sul prodotto medio-basso non si riesce ad essere competitivi. E’ un’operazione che richiede però molto tempo, storia e tradizione.
Qual è il futuro allora per aziende agricole piccole e medie, spesso ereditate dai genitori?
Bisognerebbe ingrandirsi e passare dai 7-8 ettari di dimensione media italiana ai circa 20-25 ettari di quelle tedesche o olandesi. In questo modo anche con un rendimento basso, tipo mille euro ad ettaro si riesce a mettere insieme un reddito dignitoso. Le politiche di ampliamento sulla carta ci sono, ma di fatto non funzionano.
Un classico "tendone" pugliese di uva da tavola a bacca bianca.
I vigneti sono stati attaccati, per via del clima, da peronospora ed oidio. Qual è la situazione nell’ovest tarantino?
E’ molto variabile, chi si è impegnato con i trattamenti ha salvato il prodotto, aumentando però i costi di produzione.
Quali sono le condizioni del mercato dell’uva da tavola a campagna di raccolta in corso?
Buon avvio, stop, poi leggera ripresa. Stop dovuto al decreto di Putin che vieta alcune importazioni europee, soprattutto prodotti ortrofrutticoli in risposta al nostro embargo. Una misura che ha fatto ricadere sugli incolpevoli produttori le conseguenza della nostra politica estera avventata. Alcuni camion sono stati fermati alla frontiera ed il prodotto è stato buttato.
I vostri acquirenti sono ancora i grossisti del barese?
Al 90% sono baresi che conservano tradizione ed esperienza commerciale e qualche napoletano. Qualcuno compratore in più è tornato per via di peronospora, oidio e grandinate nel barese. Castellaneta è ancora un grosso bacino produttivo anche se mancano dati puntuali.
Quali sono le quotazioni sulla pianta dell’uva da tavola?
Da 50 a 70 centesimi per un buon prodotto, a seconda della varietà. Quello meno appetibile sui trenta centesimi e quello destinato all’estrazione succhi (alle cantine) addirittura a dieci. Se si tolgono i tre centesimi di raccolta, i tre di trasporto oltre alle spese di coltivazione si ha il quadro esatto della situazione.
E le varietà più richieste?
C’è un maggior interesse su quelle a bacca rossa o nera, come red globe, palieri, crimson. Rimane l’interesse dei mercati inglesi per le uve senza seme, le apirene.
Il futuro?
Si dovrebbe andare verso distretti produttivi, come naturalmente si sono delineati. Questo consente economie di scala e di qualificazione del prodotto che dovrebbero aiutarci ad essere competitivi.
Quindi uva da tavola a Castellaneta e Ginosa, agrumi a Palagiano e Massafra, uva da vino nella parte orientale. Questo discorso va organizzato su base regionale.
Uva da tavola ed agricoltura. L'intervista a Giuseppe Rochira. Quotidiano di Puglia 27 agosto 2014

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