NATUZZI, 1060 ESUBERI. LA CGIL: "UNA CATASTROFE OCCUPAZIONALE, MA SI PUO’ EVITARE”
QUOTIDIANO DI PUGLIA DEL 14 NOVEMBRE 2012
di Nicola NATALE
Lo stabilimento Natuzzi a GINOSA (Taranto) |
Si resiste, ma
le condizioni del sistema produttivo jonico sono al limite.
Dopo l’agricoltura,
la Miroglio di Ginosa e Castellaneta, la Curvet di Laterza, la Cgil ricorda le
difficoltà dell’altro grande gigante made in Puglia: la Natuzzi. Sarebbero
oltre mille i posti a rischio nel Tarantino, peraltro tutti concentrati negli
stabilimenti di Ginosa e Laterza.
L’azienda pare abbia chiesto una diminuzione
del costo del lavoro senza però garantire i livelli occupazionali. L’ultimo
accordo in sede ministeriale prevede alla sua scadenza 1060 esuberi.
Luigi Lamusta fillea cgil |
Per Luigi
Lamusta, segretario provinciale della fillea cgil, l’organizzazione di
categoria “il ministero ha già fatto sapere di non poter più continuare a
fornire ammortizzatori sociali anche per la recente riforma introdotta dal
Governo, per cui l’unica speranza è l’accordo di programma”.
Un accordo con il
Ministero dello Sviluppo ricercato da anni da Natuzzi ma mai raggiunto proprio
in mancanza di assicurazioni sul mantenimento dei posti di lavoro.
Secondo
Lamusta “se il Governo ci mettesse del suo, oltre a quanto hanno messo sul
piatto Regione Puglia e Regione Basilicata si potrebbero avviare 90 iniziative
che spaziano dal mobile imbottito alla trasformazione dei prodotti agricoli”.
Il sindacalista poi afferma che in realtà il numero dei lavoratori non più
necessari al Gruppo sarebbe secondo fonti interne anche superiore.
Gli esuberi
sarebbero 1.500-2000, un catastrofe occupazionale che fa impallidire le crisi,
pur gravissime, della Miroglio e Curvet, seconde solo alle trasformazioni
bibliche del comparto agricolo, pilastro economico del territorio assieme
all’Ilva.
A queste maestranze che hanno formazione e capacità bisogna trovare
un’alternativa - dice Lamusta - anche perché i soldi ci sono.
Ma il punto che
divide azienda e sindacati é proprio il salvataggio dei cassintegrati a zero
ore e la riduzione del costo del lavoro.
Natuzzi avrebbe chiesto una riduzione
del costo del lavoro per mantenere l’operatività dei stabilimenti ma senza
possibilità di rientro per i 700 cassintegrati. Per Lamusta è “una condizione
impossibile”.
Il costo del lavoro “non lo decidiamo noi e nemmeno l’Italia,
sono norme europee che dobbiamo condividere e rispettare pertanto l’unica
soluzione resta il finanziamento pubblico di progetti validi.”
Con l’accordo di
programma che dovrebbe essere firmato tra qualche settimana – prosegue il
sindacalista - le imprese possono re-investire in provincia di Taranto potendo
contare su finanzimenti, sgravi sulla formazione e sulla riassunzione.
Va
sottolineato che gli stabilimenti pugliesi e lucani del Gruppo sono esposti, non solo alla concorrenza internazionale che opera con costi del lavoro molto
differenti, ma anche a quella degli stabilimenti esteri dello stesso gruppo. Senza dimenticare la crisi che contrae drasticamente i volumi di vendita.
Commenti
Posta un commento