CASTELLANETA PERDICCHIO RICERCATORE ANTI SCLEROSI MULTIPLA. UTILE IN OLANDA MA NON IN ITALIA


Quotidiano di Puglia 16 Ottobre 2012
Maurizio Perdicchio, ricercatore ad Amsterdam
di Nicola NATALE
Pare che i giovani in fuga da Castellaneta siano stati circa mille in questi anni.
Il Quotidiano ha intervistato un’altro cervello in fuga: via non solo dalla Puglia, ma dall’Italia.
Lui è Maurizio Perdicchio, 30 anni, ricercatore ad Amsterdam dopo una laurea in biotecnologie mediche conseguita nel 2006 alla “Sapienza” di Roma.
Il primo approccio con la ricerca avviene al dipartimento del farmaco dell’Istituto Superiore di Sanità. Il suo ruolo era quello di “elucidare i meccanismi di resistenza di vari tumori al trattamento chemioterapico”.
Dopo tre anni però il contratto non gli viene rinnovato e parte alla volta di Amsterdam.
Un gruppo di ricerca offriva un dottorato finanziato dall’Unione Europea:  sostiene un colloquio e viene assunto. Da allora vive in Olanda occupandosi di ricerca nell’ambito oncologico ed immunologico. Perdicchio si meraviglia dell'interesse dei media,  ma qui molti si chiedono cosa possiamo combinare, noi che restiamo in Italia e al sud, se lasciamo andar via i migliori, sistematicamente.
Maurizio lavora al VUmc Cancer Center di Amsterdam  e fa parte dello steering committee (comitato guida con compiti decisionali) del programma Carmusys, una sorta di rete tra laboratori di tutta Europa.
Di cosa ti occupi ad Amsterdam?
Ho iniziato con la ricerca sul cancro.
Prevalentemente studiavo come modulare la risposta del sistema immunitario ad alcuni tipi di tumore come il melanoma o il cancro della mammella.
Attualmente però sto indirizzando le mie ricerche in un altro ramo dell’immunologia, quello delle malattie autoimmunitarie, provocate da un anormale funzionamento del sistema immunitario.
Tra queste, la patologia sulla quale sto concentrando la maggior parte degli sforzi è la sclerosi multipla. Però,  al contrario di quello che si può pensare, il ricercatore non è un “topo da laboratorio”.
Si gira molto l’Europa, partecipando a congressi di immunologia dove, quando possibile, presento i dati dei miei studi. Inoltre qui ad Amsterdam ho anche la possibilità di insegnare agli studenti che vengono nei laboratori per le esercitazioni pratiche.
Tumori: un argomento spinoso. Tante scoperte entusiasmanti ma altrettanti fallimenti. Attualmente ci sono strade poco battute che potrebbero dare maggiori risultati in questo campo?
Non ritengo che vi siano grossi fallimenti nella ricerca.
Mi spiego meglio: quelli che lei chiama “fallimenti” servono a far capire che probabilmente una strada è sbagliata, che bisogna studiare una proteina piuttosto che un’altra.
Tutto ciò che percepiamo come fallimento è solo il punto di partenza per la ricerca futura.
La ricerca di base è fondamentale per arrivare a concepire e concretizzare possibili cure. Ovviamente ci vorranno anni, ma io sono fiducioso!
Quali sono le differenze nel modo di fare ricerca e di concepire la ricerca scientifica tra l’Italia e l’Olanda (o più in generale il resto dell’Europa)?
La differenza principale la fanno i finanziamenti.
In Italia la ricerca non è valutata né dal punto di vista economico, né per il peso che riveste nella società. In Italia si da più importanza ai calciatori ed alle veline.
Molti ricercatori vanno via dall’Italia perché vi sono costretti; è una tappa obbligata.
Un ricercatore non può vivere solo di gloria e qui il lavoro è retribuito meglio rispetto all’Italia! E poi l’ambiente internazionale della ricerca europeo ti aiuta a crescere.
Ad Amsterdam mi hanno assunto dopo aver letto il mio curriculum ed avermi sottoposto ad un colloquio. Non ho dovuto partecipare a nessun assurdo concorso “all’italiana”.
Il tuo futuro è ad Amsterdam o sogni come ogni ricercatore di andare negli States dove i finanziamenti alla ricerca sono cospicui ed i comitati etici molto più flessibili?
Ancora con questo sogno americano? Sinceramente la società americana non la sopporto.
Nell’ambito della ricerca negli States c’è molta competizione. Si lavora per pubblicare, in modo da ottenere riconoscimenti e quindi finanziamenti. Secondo me si perde un po’ il senso della ricerca.
In Europa c’è molta più libertà di pensare.
Il mio sogno per il futuro è quello di avere un mio laboratorio di ricerca. Magari in Inghilterra, se qui in Olanda non ci saranno possibilità di restare.
È anche vero che se mi capita un’opportunità in America… mica la rifiuto!

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