MIROGLIO. LE COMPLESSE TRAME DIETRO IL SALVATAGGIO DEI 225.


Riflessione: 

1) se come dice Barontini il soggetto promotore dell'investimento è la Taranto Invest s.r.l., perché allora a Bari durante la presentazione dell'investimento da parte della Regione era presente lui (Andrea Barontini) che ci sarebbe entrato con il solo 20%?
2) Qual'è il ruolo di Giuseppe Scornavacca  e perché in Puglia bisogna avere "i contatti giusti" per fare un investimento e non solo i soldi, la capacità di far funzionare un'impresa e farla stare sul mercato?
3) Chi è Celestino Baldanzi e cosa lo lega a Giuseppe Scornavacca?
4) Dopo l'IKEA anche Marcolana vorrebbe tornare in Italia. Perché? Qualcosa sta cambiando nell'economia, nelle regole mondiali del WTO e nell'attuale governance della globalizzazione?
5) Perchè non illustrare chiaramente ai cittadini cosa significa la dematerializzazione dei capitali e i rischi che essa comporta?
Nicola Natale

di Paolo Nencioni dal Tirreno on line
Andrea Barontini
del Gruppo Marcolana di Prato
PRATO. Se qualcuno ha sbagliato in questa storia, quelli non siamo noi. E ci tuteleremo per difendere la nostra immagine di imprenditori onesti.
Questo il senso del messaggio che la famiglia Barontini, dal padre Ivo ai figli Andrea e Davide, ha voluto lanciare ieri dallo studio dell’avvocato Marcello Lastrucci all’indomani della notizia del clamoroso stop decretato dal Ministero dello Sviluppo Economico al progetto della famiglia pratese, insieme ad altri soggetti, di rilevare l’ex stabilimento Miroglio di Ginosa (Taranto). I tecnici del ministro Passera hanno riscontrato «incongruenze» nelle garanzie finanziarie a sostegno del progetto industriale. In altre parole accusano i promotori di aver fatto carte false, e hanno trasmesso gli atti alla Procura.
Ma ora la famiglia Barontini si tira fuori da eventuali responsabilità e punta l’indice su un “financial advisor” livornese, Celestino Baldanzi. È lui, secondo Andrea Barontini, ad aver presentato le carte “incriminate” all’incontro al Ministero all’inizio del mese.
E’ una storia complicata, fatta di 23 milioni di euro in titoli di Stato finlandesi, garantiti da un istituto che si chiama Alliance Venture Capital e che avrebbero dovuto essere depositati nella filiale di Banca Intesa di Livorno. Il Ministero storce il naso, sospetta che i documenti presentati siano falsi e per il momento tutto è bloccato, anzi i tecnici «ritengono conclusa ogni discussione» coi promotori del progetto pugliese.
Quello che Andrea Barontini, impegnato nel rilancio della Mabro, vuole chiarire una volta per tutte è che il soggetto promotore dell’investimento a Ginosa è la Taranto Invest srl, una società di Celestino Baldanzi che avrebbe dovuto trasformarsi in spa con un aumento di capitale di 5 milioni. La Mida Holding della famiglia Barontini avrebbe ottenuto il 20% della futura Spa, senza conferire un soldo, in cambio del know how e dell’organizzazione produttiva e commerciale dello stabilimento. I Barontini erano pronti a trasferire in Puglia tutti i macchinari che ora hanno nella fabbrica Marcolana in Bulgaria. «Ma la Marcolana (omonima dello stabilimento pratese, ndr) non c’entra nulla in questa storia - ribadisce Barontini - Questo è un investimento della famiglia tramite la Mida, che non ha sottratto risorse alle altre nostre attività».
A presentare Celestino Baldanzi alla famiglia Barontini è stato l’anno scorso un altro “financial advisor”, Giuseppe Scornavacca, che ha i contatti giusti a Taranto. I dirigenti del Gruppo Miroglio avevano già dato il loro via libera.
Nonostante il brusco stop imposto dal Ministero alla Cittadella del tessile immaginata dagli imprenditori pratesi in Puglia, Andrea Barontini ne parla ancora al presente. «Siamo ancora fiduciosi di poter partecipare a questa operazione - assicura - L altro giorno a Roma un funzionario del Ministero ci ha detto che era molto dispiaciuto per noi, ma che non potevano fare altrimenti. Certo è che in questa vicenda noi Barontini siamo parte lesa e ci tuteleremo anche di fronte alla magistratura. Possono dire quello che vogliono sulle nostre capacità imprenditoriali ma non mettere in dubbio la nostra onestà».

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