LA GRANDE PARTITA SU MIROGLIO. TORNA ALLA CARICA FIN-AMBIENT. Cristini: con noi 400 posti di lavoro
dall'articolo apparso sul Quotidiano del 13 Marzo 2012
di Nicola NATALE
Sulla Miroglio e
sui suoi 225 cassintegrati si sta giocando da 3 anni una grossa partita.
Lo
dimostra il numero di proposte di investimento uscite dal nulla e ripiombate
nel nulla.
Lo stabilimento di Ginosa ex Filatura e Tessitura di Puglia nato nel 1995 |
Nonostante il ruolo attivo del Ministero dello Sviluppo, di Comune e
Regione, dei sindacati, della Wollo, una società di consulenza manageriale e
dello stesso Gruppo Miroglio.
Ricordando le principali proposte di investimento
(Intini, B4Energy, Marcolana) ci
si rende conto di quanti industriali si sono scomodati per ipotizzare una
riconversione capace di assorbire i dipendenti.
Resiste tuttavia la proposta di insediamento di Marcolana, il gruppo
tessile pratese in mano alla famiglia Barontini.
![]() |
Giuseppe Massafra (CGIL) |
Secondo Giuseppe Massafra,
segretario provinciale Filctem Cgil: “c’é attività frenetica fra Miroglio,
Marcolana e Ministero, stanno preparando l'incontro al Mise che potrebbe
tenersi nella settimana prossima”.
Paiono quindi confermate le intenzioni di
investimento, anche se “si starebbe cercando di arrivare al Mise con elementi più concreti quali
il piano industriale o il consenso alle banche finanziatrici all’entrata nel
capitale sociale, addirittura con quote di maggioranza”.
Ma negli ex
stabilimenti Miroglio ci sono anche altre aziende che chiedevano e chiedono di
investire.
Nel 2009,
all’epoca della scelta di Intini, furono 5 le manifestazioni di intenti
arrivate al Ministero della Sviluppo Economico. In questi giorni è tornata alla
carica Fin-Ambient, il polo industriale Italia P1 con presidente Roberto Grasso
e amministratore delegato Raffaello Cristini.
Con 3 proposte rare di questi
tempi: 68 milioni di euro di investimenti, sede legale a Taranto, rioccupazione
dei 225 (addirittura 400 a regime) previo acquisto dei 2 siti industriali di
proprietà del Gruppo Miroglio, quello di Ginosa e quello di Castellaneta.
Ed è
proprio sui mega stabilimenti di Ginosa e Castellaneta che si sta combattendo
la battaglia. Le potenzialità dei siti, relativamente nuovi, costruiti nel
1995, rendono possibili gli investimenti ma il gruppo piemontese non sembra
volerne cedere facilmente la proprietà.
![]() |
Raffaello Cristini di Fin-Ambient |
Descrivendo gli
stabilimenti si capisce il perché. A Ginosa, in c.da Girifalco, c’è un’area
industriale pienamente infrastrutturata - la ex Tessitura - di quasi 15 ettari sui quali insiste
uno stabilimento di 47.535 metri quadri, compreso un magazzino che all’epoca
era un gioiello di automazione. A Castellaneta, la ex filatura, lo stabilimento
più piccolo - per modo di dire - è
esteso 14.897 metri quadri. Varie le ipotesi sulla riluttanza di Miroglio a
cedere gli stabilimenti chiusi. Dalla semplice trattativa al rialzo,
all’ipotesi di completamento in Italia della produzione moda ampiamente
delocalizzata, all’uso come asset per poste interne di bilancio o garanzia
reale per il finanziamento delle attività del Gruppo, a mezzo di scambio per facilitare la rioccupazione dei
suoi dipendenti.
Ma che cosa
intende fare P1 a Ginosa e Castellaneta?
Principalmente 8
attività, tutte dice il business plan ad alto contenuto tecnologico,
eco-compatibili e riconducibili ad altrettante distinte imprese.
Si inizierà da
un parco fotovoltaico sul lastrico dei “capannoni”, per avviare poi un
laboratorio di analisi, fisiche, chimiche e meccaniche, nonché impianti per
eco-componenti edilizi, riciclaggio pneumatici, guaine isolanti, depurazione
acqua con ozono anche mobili, pirolisi (una sorta di inceneritore a bassa temperatura dove i processi avvengono in assenza di ossigeno) e per finire un modulo per la formazione
professionale nell’area wellness, quelle delle spa e dei centri benessere per intenderci.
Un programma ambizioso che sempre
secondo il business plan
“parcellizza il rischio di insuccesso”.
Inutile scendere ora nell’analisi di fattibilità e credibilità del
piano, ma resta difficile capire
l’ostracismo di fronte a questa proposta.
Di qui i dubbi che aleggiano
di fronte ad una partita importantissima per il territorio, dal punto di vista
economico ma anche politico.
Perché allora non trova accoglimento una proposta
che si “autofinanzia” e che lascia alle singole imprese il compito di reperire
i soldi nel quadro degli incentivi regionali?
Solo perché il Ministero non la
ritiene congrua o non la conosce affatto?
Mistero.
Una manifestazione davanti alla fabbrica nel 2008 |
Intanto Cristini fa sapere
che un appuntamento è stato fissato con l’assessore provinciale al Lavoro
Luciano De Gregorio mentre si lavora a costruire un’intesa anche con
Confindustria Taranto.
La sensazione generale è che questa partita non possa
chiudersi localmente.
Peccato,
perché i 225 da Giugno in poi rischiano la mobilità, del resto già annunciata
a Novembre 2011 poi ritirata da Miroglio.
Per la loro riqualificazione sono
stati spesi già dalla Provincia di Taranto 1,3 milioni di euro in corsi base.
I
225 non hanno perso occasione per premere sull’azienda, sui sindacati, sulla
politica con un attenta politica di proteste e dialogo ma finora sono riusciti solo a non vedersi staccata
la spina degli ammortizzatori sociali.
Commenti
Posta un commento