HIP-HOP A GINOSA. DUNK SPOPOLA SUL WEB: 45.000 MI PIACE
dall'articolo apparso sul Quotidiano del 20 Marzo 2012
di Nicola NATALE
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DUNK (Denny Carducci) |
Ma non solo loro.
Ci sono band di attempati professionisti, che girano l’Italia, ragazzini che cantano in trasmissioni televisive nazionali e c’è chi prova a disegnarselo da solo un futuro, come Dunk (dove un non kambia), al secolo Daniele Carducci.
Ci sono band di attempati professionisti, che girano l’Italia, ragazzini che cantano in trasmissioni televisive nazionali e c’è chi prova a disegnarselo da solo un futuro, come Dunk (dove un non kambia), al secolo Daniele Carducci.
La sua generazione, quella nata intorno agli anni ’90
è tra le più prolifiche in termini artistici, ma anche tra le più prosaiche.
Prendono un diploma (Daniele studia ragioneria), magari una laurea, ma capiscono
al volo che con Ginosa è inutile insistere, la vita è altrove.
Già ma come si
arriva altrove? Come rendere un lavoro quello che è solo una passione,
l’hip-hop?
“Io ci provo, del resto ho iniziato a scrivere canzoni solo l’anno
scorso e la mia pagina su Facebook ha 45.000 mi piace, qualcosa significherà;
per questo ho messo su un mio personale studio di registrazione”.
Nelle sue
canzoni si riversa l’immaginario collettivo dei ragazzi della sua età: l’ipocrisia delle
amicizie, la voglia di emergere, le difficoltà economiche, il sistema nazionale
malato, l’illusione delle sostanze, il rapporto con i genitori.
Brani musicati con ritmi hip-hop tutto sommato leggeri e senza accenti ideologici.
Su tutti un mantra come nella canzone “Mangeremo catrame”: “guarda se potessi oggi me ne andrei, i soldi in tasca non bastano mai, questa è l’Italia un paese ingiusto, tutti ti sorridono poi ridono alle spalle, se ci parli sono muti e senza palle”.
Brani musicati con ritmi hip-hop tutto sommato leggeri e senza accenti ideologici.
Su tutti un mantra come nella canzone “Mangeremo catrame”: “guarda se potessi oggi me ne andrei, i soldi in tasca non bastano mai, questa è l’Italia un paese ingiusto, tutti ti sorridono poi ridono alle spalle, se ci parli sono muti e senza palle”.
Dunk mette in musica le situazioni che vive, i suoi sentimenti e ci
vuole coraggio in una cittadina cinica e disincantata come Ginosa. L’hip hop, che nasce nelle periferie
americane da afro-americani non toccati dal "sogno americano", è attualmente la musica più diffusa tra i
ragazzi.
Dunk però ci aggiunge R&B, elettronica, pop, dark step proprio perché “non gli piace avere un unico target, sono un cantante”.
Dunk però ci aggiunge R&B, elettronica, pop, dark step proprio perché “non gli piace avere un unico target, sono un cantante”.
Ma Dunk
è differente dai tanti ragazzi che fanno musica?
“Non mi ispiro ad
artisti già famosi. Come tanti che si ispirano al tipico rapper romano tutto
sangue e morte, faccio la musica che mi rappresenta”.
E il dialetto?
“Non mi piace il dialetto di qui, del resto andrebbe bene a pochi”. Il
tuo ultimo lavoro?
“Maschere uscito a Natale del 2011 che ha seguito Senso,
Estate, Sogni e caffè, tutti rintracciabili e scaricabili gratuitamente”.
Ma come pensi di guadagnare allora?
“Qualcuno ti nota, poi qualche etichetta ti
chiama, ora le serate. In queste ultime c’è il contatto con il pubblico ed è molto gratificante: non ci sono solo i talent-show”.
Sai che Caparezza ha deciso di
non spostarsi da Molfetta, pur essendo una star nazionale?
“No, non lo sapevo”.
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