ANCORA UN ALTRO SUICIDIO. SI TOGLIE LA VITA GIUSEPPE RATTI, UN POLIZIOTTO IN PENSIONE

dall'articolo apparso sul Quotidiano del 16 Febbraio 2012
di Nicola NATALE
Giuseppe Ratti
La notizia è piombata come un fulmine a ciel sereno. Ancora un altro suicidio. Questa volta è toccato a Giuseppe Ratti, 52 anni, conosciuto come Pino da parenti ed amici. 
La notizia si è diffusa ieri sera (15 Febbraio)  mentre quasi tutta la città era incollata davanti al televisore. L’uomo sarebbe stato ritrovato in casa, ormai senza più vita. 
Era un Ispettore Capo in servizio in Basilicata presso la Questura di Matera, premiato con la croce d’argento  nel 2009. 
Un uomo riservato, stimato da tutti, uno “tosto” secondo alcuni commenti raccolti. Lascia la moglie Severina D’Angelo e la figlia Melania. I funerali si sono tenuti presso la Chiesa Gesù Risorto a Ginosa, dove l’agente viveva con la famiglia. 
La notizia ha diffuso dolore e sconcerto, anche perché in Dicembre un altro suicidio aveva sconvolto l’aria natalizia. 
Non si conoscono le statistiche, anche in rapporto ad altri centri, ma i casi avvenuti in Ginosa cominciano a turbare per la loro tragica cadenza. 
Intanto emergono le reazioni anche su Facebook, la piazza virtuale che ha sostituito di fatti quella reale. 
Giuseppe Di Tinco, uno che Ratti lo conosceva bene, scrive di getto: “forse è più giusto togliersi la maschera che ogni giorno indossiamo e se abbiamo dei problemi dobbiamo parlarne con amici, sacerdoti, parenti, centri di ascolto”. 
Poi continua in un appello che è opportuno raccogliere: 
Negli ultimi tre o quattro anni abbiamo avuto almeno quattro o cinque casi di suicidio, dobbiamo incominciare a farci delle domande, forse perché noi andiamo troppo di corsa e non guardiamo più in faccia gli altri”? 
Forse perché quando parliamo con qualcuno, lo guardiamo in faccia ma in realtà non lo stiamo ascoltando”? 
Comunque Ginosa oggi piange un altro uomo, rallentiamo i nostri ritmi, torniamo ad uscire in piazza come ai vecchi tempi a discutere del più e del meno, avviciniamoci ad associazioni, ragazzi non rimaniamo soli e non pensiamo che fb, twitter o qualsiasi altro strumento  possano sostituire un vero amico in carne ed ossa. Ciao Pino”. 
L’appello di Giuseppe Di Tinco è stato uno dei pochi, se non l’unico, a rompere il velo di riserbo che accompagna queste storie, a cercare una spiegazione ad un gesto estremo, che non può essere sempre confinata nel vissuto di chi lo attua. 
Conosco troppi casi - ci dice infine - in cui dietro il sorriso di facciata si nascondono sofferenze grandissime. 
Per questo non ci ho pensato più ed ho scritto quelle cose, volevo in effetti lanciare un appello, non si può rimanere indifferenti.

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