ALLUVIONE TOUR, SUI LUOGHI DELLA PROSSIMA PROBABILE CATASTROFE


dall'articolo apparso sul Quotidiano del 10 Novembre 2011 
di Nicola NATALE
Il livello della piena. Al centro della foto si può notare il tronco divelto ed appoggiato all'albero. 
I cumuli sotto i ponti sul Bradano che creano delle mini dighe ed ostacolano il deflusso

Un alluvione di dati ma anche un viaggio nel bacino del Bradano sconvolto dalla piena. 
Questo è stato l’Alluvione Tour organizzato dal Comitato Terre Joniche per ribadire che la minaccia di prossimi probabili ingenti danni o addirittura vittime è reale. 
Non un teatrino per ottenere fondi o visibilità sfruttando il risentimento e la rabbia della gente alluvionata. 
Il comitato si è tassato 10 euro per organizzare un pulmino che ha condotto in giro i giornalisti e anche degli studenti dell’Istituto Agrario di Marconia. 
Sono stati 5 i punti visitati innanzitutto per capire che un fiume non è solo il suo letto ma è l’intero bacino idrografico che in esso si riversa, territori inclusi. 
Lo testimonia lugubremente una squadra di Vigili del Fuoco intenta a ricercare i corpi di Carlo e Rosa Masiello di Altamura scomparsi sotto la piena di un canale che confluisce nella Gravina di Matera. 
Gianni Fabbris di Altragricoltura e del Comitato Terre Joniche
Anche quella fa parte dello stesso bacino idrografico del Bradano sbarrato a monte da 4 dighe, la più grande quella di San Giuliano. Una diga costruita con il Piano Marshall e con i protocolli di apertura automatica delle paratie che non sono mai stati riverificati. 
Al 1° marzo era al limite massimo della capacità perché d’estate la richiesta d’acqua per uso irriguo è altissima. 
Peraltro la capacità totale è  limitata dai fanghi che si sono depositati sul fondo e che non sono mai stati rimossi, probabilmente perché bisognerebbe svuotare la diga. 
Le alluvioni dice Gianni Fabbris, organizzatore instancabile delle attività del comitato, non si verificano se piove tanto a Marina di Ginosa o a Metaponto ma quando piove molto a Gravina, a Matera, a monte del bacino che insiste sulle località costiere. Prima cosa da fare dunque liberare i sottoponti del Bradano ostruiti da legni e detriti. 
La prima tappa è proprio su uno di questi: la massa è impressionante, ci vuol poco a capire che costituiranno dei tappi al deflusso delle acque. 
Mini dighe che si riempiono e poi scaricano con violenza l’acqua che così acquista velocità. 
I tubi del gas attaccati con corde
Un albero ha ancora sul ramo un tronco: l’altezza da terra è impressionante e fissa in maniera indelebile il punto in cui si è alzato il muro d’acqua. Sotto il ponte con la strada di accesso ricostruita alla meglio i tubi del gas sono fissati con delle corde. Seconda tappa la confluenza con la Gravina di Matera dove si possono osservare tubazioni imponenti divelte come fuscelli. Fondamentale per capire che non bisogna dare appalti a chi cementifica ma costruire un rapporto sensato con il fiume-bacino. Terza tappa presso l’argine di Metaponto, uno dei pochi che ha retto salvando così la vita dei tanti metapontini che vivono a piano terra, soprattutto anziani ed immigrati. Argini che però sono sottodimensionati rispetto all’altezza raggiunta dall’acqua in piena. E’ questo il motivo per cui il fiume deve avere le sue fasce di rispetto e consentire un rapido deflusso delle acque non ostruito da altre opere. Quarta e quinta tappa sono infatti proprio la Ferrovia e la Statale 106. Opere essenziali ma costruite ancora ora senza tenere conto che costituiscono altre due dighe al deflusso delle acque verso il mare, anche eventualmente reso poco ricettivo dallo scirocco, vento dominante nell’area al confine tra Puglia e Basilicata. Anche qui le testimonianze visive sono incredibili. La tabella di confine ammaccata dal canotto dei soccorritori, l’altezza dei ponti della Statale 106, una strada larga, moderna ma che sbarra anche lei come una diga il deflusso delle acque verso il mare. “Questi sono i luoghi delle prossime alluvioni” conclude Gianni Fabbris e annuisce Caterina Dioguardi che rivive per l’ennesima volta quella notte di tragedia in C.da Marinella ad un passo da Marina di Ginosa ma amministrativamente lucana. “Non c’è sicurezza sul territorio, per cui non ce la sentiamo nemmeno di ristrutturare le nostre case, ci sentiamo abbandonati e sospesi”. Quella notte chi vive vicino al mare sentì un rimbombo cupo, mai udito prima. I più se ne sono già dimenticati perché solo la periferia di Marina di Ginosa e le case lungo i canali furono colpiti. La solidarietà è evaporata, come i risarcimenti e i fondi per la messa in sicurezza appesi al maxiemendamento del Governo che sembra non contenere nulla di quanto promesso.

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