ALLUVIONATI FUORI DAGLI ALBERGHI, GINOSA E BERNALDA NON PAGANO Si schermiscono i Comuni non abbiamo fondi, li abbiamo già spesi per le emergenze violando il Patto di Stabilità



Versione integrale degli articoli apparsi sul Quotidiano di Sabato 6 Agosto

di Nicola Natale
Il Blocco di Venerdì 5 Agosto sulla Statale 106
Disperati gli alluvionati non potevano fare altro: bloccare la Strada Statale 106, arteria nevralgica di collegamento tra Puglia e Calabria. A Marina di Ginosa, 11ª Bandiera Blu, gli alberghi hanno mandato via dal 1° Agosto gli alluvionati che risiedevano lì dal 1° Marzo scorso, giorno della alluvione. Per un motivo semplice, le Amministrazioni Comunali di Ginosa e Bernalda non li hanno pagati che parzialmente e si rimpallano la responsabilità. 5 mesi di ospitalità a pensione completa sono tanti e le fatture inviate regolarmente ai Comuni già dal mese di Aprile sono rimaste inevase. Sono cifre che arrivano anche a 40.000€ ed oltre. Nella concitazione di quei giorni non si chiese agli alluvionati se erano residenti oltre il confine amministrativo di Ginosa o già a Metaponto, frazione del Comune di Bernalda, con il risultato che le prese in carico sembrano non congruenti, provocano il distinguo burocratico e quindi lo stop ai rimborsi. Comprensibile la delusione oltre che la rabbia degli operatori alberghieri: l’impegno assunto dal Comune di Ginosa non vale per i cittadini metapontini e viceversa. Visitiamo l’Hotel da Michele in Viale Italia, a conduzione semifamiliare, aperto fin dal 1979 e condotto ora dalla seconda generazione.  “I primi 15 giorni - racconta Giuliano Pioggia, titolare dell’hotel - avevamo anche deciso di dare un nostro contributo diretto ospitando le famiglie danneggiate, ma poi ci fu detto di continuare ad ospitarli che sarebbero stati anche pagati i primi giorni. Abbiamo aspettato pazientemente, consapevoli che non potevamo fare diventare una alluvione una questione di lucro, infatti abbiamo operato al limite dei costi emergenti, ma non ci è stato riconosciuto nemmeno questo. Sono stato costretto a chiedere un fido in Banca, ma senza i turisti non potrei andare avanti”. Con una lettera datata 28 Luglio al Comune di Ginosa sono stati chiesti formalmente chiarimenti in merito ai pagamenti arretrati, preavvisando che in mancanza di risposte si sarebbe sospeso il servizio. Ancor prima il 23 Giugno un sollecito di pagamento ha raggiunto il Comune di Bernalda ma anche questo senza alcun riscontro. “Mi hanno detto verbalmente che non ci sono soldi, lo apprendo dal giornale, ma non rispondono ai solleciti, invece io ho qui una formale dichiarazione di presa in carico degli alluvionati oltre alle ordinanze del Sindaco. Se il Comune non poteva far fronte a queste spese, non doveva dargli corso e magari doveva allestire una tendopoli o ospitarli nelle Scuole. Si è scelta una soluzione ideale, bene, ora sappiamo che era a spese nostre. Eppure in campagna elettorale ci era stato detto che il Comune aveva intatte le capacità di indebitamento”. Già, la campagna elettorale: le emergenze sembrano fatte apposta.


LA STORIA DI REXHEP, DA IMMIGRATO FELICE AD ALLUVIONATO

di Nicola NATALE

Rexhep ARAPI
Ci rechiamo allora a casa di uno degli alluvionati, un albanese da anni ormai a Marina di Ginosa, Rexhep Arapi. Una moglie, due figli. Una storia di immigrazione felice, fatta di sacrifici e di lavoro coronati dall’aver avviato un’impresa in proprio per la manutenzione dei giardini, un’esigenza a Marina di Ginosa fatta sempre più di ville e sempre meno di alveari-vacanza. “Ero contento, toccavo il cielo con un dito, avevo addirittura acquistato casa a Tirana; provenendo da Berat uan conquista assoluta ed ora tutto spazzato via, compreso la Golf di mio figlio e il mio furgone, compresi i mobili, alcuni dei quali come la stanza dei miei figli appena comprati. Ricordo nitidamente quella notte, suonarono al citofono, aprii la porta, sentivo un rumore forte e l’acqua mi si rovescio in casa arrivando oltre il metro, ci sono ancora i segni e abbiamo rimesso a posto alla meglio. Ma dovremo lavorare molto per ricomprare i mobili, i vestiti e rimettere a posto la casa.” E’ un uomo determinato e svelto Arapi ma si chiede anche lui dove sono finiti i soldi promessi: “hanno speso i soldi ma a noi non è stato dato nemmeno un centesimo. Siamo stati trattati benissimo, in albergo era tutto ok, ma ora siamo tornati qua e non abbiamo nulla per rimettere a posto veramente la casa. Sembriamo profughi ma viviamo qua da tanti anni, pago le tasse, sono in regola”. E accarezza il cane ritrovato dopo due giorni dall’alluvione. Di ieri l’appello accorato del Sindaco Vito De Palma di Ginosa a Provincia, Regione e Governo. Di ieri l’assemblea tenuta sulla SS 106 presso le Tavole Palatine per rilanciare la mobilitazione, tenuta sapientemente sul filo del dialogo e della protesta vibrante eppur civilissima di marinesi e metapontini. Da allora però proteste, dichiarazioni di solidarietà, conti correnti aperti, interviste, show, declatorie di calamità e financo uno sciopero della fame non hanno cambiato di una virgola la posizione delle famiglie  colpite dalla alluvione. Un numero esiguo tutto sommato, non sarebbero più di una quindicina le famiglie a cui lo Stato ha saputo dare solo una risposta d’emergenza. Emergenza e danni che non ci sarebbero stati se gli argini del Bradano non fossero ceduti dopo un giorno e mezzo di pioggia e dopo l’acqua in eccesso rilasciata automaticamente dalla Diga di San Giuliano. E le responsabilità, un discorso lontano, forse poco utile in mezzo ad una vicenda che ha l’emergenza dei conti da pagare e di un futuro da reinventare. Ma che ha dato chiara impronta di cosa sia il federalismo. Per l’alluvione in Veneto del 2010 dice il blog di Renzo Bossi si registrano “30 milioni che il decreto Milleproroghe ha assegnato all’alluvione per il 2011 e, per pari importo, per il 2012. Nessuna nuova coda e nessuna nuova denuncia dei danni da compilare per gli alluvionati: una volta che l’Ordinanza sarà pubblicata in Gazzetta ufficiale i Comuni procederanno con i bonifici secondo i dati già in loro possesso.” Ogni commento è superfluo.

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