BIODINAMICA PER SALVARSI MA I CONTI ANCORA NON TORNANO!
dall'articolo apparso sul Quotidiano di Domenica 16 Settembre 2011
di Nicola NATALE
Nicola Del Giudice con la sua famiglia. Una delle prime aziende agricole biodinamiche a Ginosa (Ta) |
Ci sono aziende
agricole che bilancio alla mano potrebbero fare una sola cosa: chiudere.
Indipendentemente dalla loro estensione. Altre invece si danno all’agricoltura
biodinamica. Siamo andati da una delle aziende pioniere a Ginosa, la CAPJ di
Nicola e Bruno Del Giudice, per capire se può essere questa la strada per la
riconversione delle tantissime aziende agricole ginosine sparse su un
territorio di poco meno di 187 chilometri quadrati. Ci ha risposto Nicola che tenacemente assieme alla sua famiglia non abbandona l'azienda.
Perché fare agricoltura biodinamica?
Perché fare agricoltura biodinamica?
Con il suo tipico cappello al centro della foto, Alex Podolinsky, il fondatore dell'agricoltura biodinamica |
L’industria
chimica ci ha tolto la coscienza del coltivatore. Ma ci ha anche costretti a
produrre in maniera meccanica fino all’asfissia per debiti. 4 -5 anni fa con
l’inizio della crisi profonda ci siamo avvicinati agli enzimi ed alle coltivazioni biologiche. Ma i
rivenditori sono sempre gli stessi, così come i prezzi ed anche il sistema non è ideale perché
necessita di grandi quantità di massa organica. Per cui abbiamo capito che
bisognava tornare al circuito chiuso, come facevano i nostri nonni, se volevamo
salvare l’azienda ed abbattere drasticamente i costi.
Cioè?
Cioè produzione
in proprio dei fertilizzanti e terreno sano. Le arature, ad esempio, vengono
effettuate con un ripuntatore molto simile ai vecchi aratri di legno, ciò
significa risparmiare carburante e preservare l’humus di superficie. A questo
punto è stato naturale avvicinarsi alla biodinamica e fare il primo corso a
Lecce su indicazione di Mimmo Moretti che a Castellaneta faceva biodinamica da
vent’anni. Nel corso ci sono anche elementi di antroposofia, perché significa
entrare a fare biodinamica dalla porta principale.
Vale a dire?
Per capire un
buon vino bisogna sapere di vigneti, conoscere i metodi di coltivazione e di
vinificazione, per apprezzare il nostro modo di coltivazione bisogna conoscere
l’antroposofia, una disciplina filosofica che insegna a riconoscere e
rispettare le esigenze spirituali senza
trascurare quelle materiali.
Ma la solfa non cambia, si lavora troppo e si guadagna poco…
Purtroppo sì, la
biodinamica implica un impegno ancora maggiore per il coltivatore, ma si basa
sulla sua persona e sui cicli naturali, seguiamo il calendario biodinamico,
sovrapponibile quasi integralmente alla vecchia saggezza contadina sul modo di
effettuare le lavorazioni. Di qui vengono sapori, profumi, aromi ed è per
questo che costano mediamente di più. Anche la lotta antiparassitaria viene
condotta in maniera preventiva con equiseto, ortica, propoli, zolfo. Una certa
ricerca sui semi e sulle talee autoctone da anche piante più sane e meno
attaccabili ma desta sospetto l’arrivo di virus e batteri sempre nuovi.
Cosa coltivate?
Soprattutto uva
da tavola ma anche ortaggi e grano, siamo collegati ad un canale di
commercializzazione biodinamica ma facciamo anche piccole vendite dirette.
Riuscite ad essere competitivi?
Purtroppo ci
sono determinati meccanismi che sono sempre violenti. Ci sono sempre i
commercianti, col biodinamico ti danno maggior spazio perché il prezzo finale
dei prodotti è più alto. Ma è la distribuzione che impone ciò che ritorna al
produttore dopo la vendita. Ci
sono sempre intermediari di troppo ed il prezzo finale non è equamente
suddiviso in funzione della quantità di lavoro svolta e degli investimenti necessari.
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