NATUZZI: POLITICA COMPATTA NEL NO AI LICENZIAMENTI. MA IL PALAZZETTO NON SI RIEMPIE


GINOSA Palasport - Il momento iniziale del consiglio straordinario sugli esuberi Natuzzi
QUOTIDIANO DI PUGLIA 5 LUGLIO 2013
di Nicola NATALE
Se risposta doveva essere, c’è stata. Al palazzetto dello sport di Ginosa sono accorsi sindaci, consiglieri comunali, regionali e sindacalisti di almeno 10 comuni dell’area murgiana. 
Nessun parlamentare presente. Dall’altra parte i lavoratori, perlomeno quelli più attenti e speranzosi nell’azione della politica che si è schierata, senza se e senza ma, dalla parte dei lavoratori.
 La scarsa partecipazione all’iniziativa non è passata inosservata però. 
I collaboratori Natuzzi pochi minuti prima dell'inizio del consiglio comunale al Palasport di Ginosa
Ad avere il coraggio di denunciarla il cons.reg. Giuseppe Cristella: “mi aspettavo un palazzetto gremitissimo”.  
Concetto poi ripreso dal sindacalista della uil Bevilacqua che ha aggiunto “se Natuzzi fosse stato qui si sarebbe fatto una bella risata”
Tutto ciò non toglie valore all’iniziativa dell’amministrazione retta dal sindaco Vito De Palma che ha avuto nuovamente parole di fuoco contro l’imprenditore Pasquale Natuzzi. 
“All’incontro riservato” ha riferito il sindaco di Ginosa “ci era stato chiesto di garantire la pace sociale dopo gli annunci, ma noi non siamo gli angeli custodi di nessuno”. 
I sindaci” ha concluso “non posso essere interpellati solo per variare le destinazioni urbanistiche e per arricchire i propri progetti”. 
A catena dopo di lui gli interventi del sindaco di Matera Salvatore Adduce, di Santeramo Michele D’Ambrosio, di Laterza Gianfranco Lopane e di tanti altri tra assessori, consiglieri e sindacalisti. 
Tutti hanno voluto dire la propria sul tema dei 1726 esuberi annunciati dal management dell’azienda nel piano industriale presentato a Roma il 1° luglio dopo una settimana di sciopero in tutti i  9 siti dell’azienda. Dalle ragioni della crisi che non vanno ricercate solamente nella concorrenza sleale (Adduce) al disinteresse dell’accordo di programma da centouno milioni di euro inseguito da sei anni e alla possibilità di una zona franca per far ripartire il distretto (D’Ambrosio). 
Con un avvertimento: “da quel piano non si salva nessuno perché se il costo del lavoro non scende del cinquanta per cento, la chiusura di quel che resta della produzione di divani è dietro l’angolo”. Messaggio chiaramente rivolto a chi spera di essere nelle “733 unità di fabbisogno organico plant italia”. Questo è almeno ciò che dice la slide proiettata in confindustria perché materialmente, i sindacati e le istituzioni, il piano in mano non lo hanno avuto. 
Cosa che tutti hanno lamentato chiedendosi a più riprese “cosa vuole veramente Natuzzi”
Anche perché è stato detto “l’azienda è florida, potrebbe uscire dalla crisi con proprie risorse”. 
Quello presentato da Natuzzi, difatti il convitato di pietra del consiglio comunale allargato di Ginosa,  è semplicemente “un piano di tagli, e non di prospettive per il settore del salotto e del divano che potrebbe essere riconvertito all’arredo nel suo complesso se solo si presentassero progetti” hanno riferito i sindacalisti delle tre sigle maggiori, cgil, cisl e uil.
Dalle 92 manifestazioni di interesse si è passati ai soli 3 progetti presentati dal gruppo natuzzi, largamente insufficienti a ridare lavoro non solo agli operai diretti in uscita, ma anche ai tantissimi lavoratori dell’indotto e di altre aziende più piccole che non hanno retto alla crisi.
Pasquale Natuzzi, fondatore dell'omonimo gruppo
specializzato in divani
Lavoratori che non hanno goduto di nessuna cassa integrazione.
Insomma cinquant’anni di Natuzzi passati al setaccio ed un documento finale che dice no alla messa in mobilità dei cassintegrati del gruppo. Con mandato diretto a “intraprendere ogni utile iniziativa per impedire la chiusura dello stabilimento di Ginosa e dei due stabilimenti di Jesce a Matera” e a dare attuazione all’accordo di programma coinvolgendo direttamente il governo.
Resta in tutto questo lo sbigottimento e l’incredulità degli operai e degli stessi rappresentati sindacali. Luigi Fiore, rsu dice “sono sbalordito da come a Roma l’azienda abbia detto cose totalmente diverse che a Bari”.

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