CASTELLANETA, LA RIVOLUZIONE DELLA CANAPA. Proposta anche per l’ex sito miroglio.


Uno dei primi esperimenti di piantagioni di canapa presso la masseria Fornaro, a due passi dall'Ilva di Taranto
di Nicola NATALE
Si parla tanto della canapa, ma è una svolta culturale prima ancora che politica. 
Lo hanno detto a chiare lettere gli organizzatori del movimento cinque stelle ed i relatori del convegno svoltosi il 27 giugno scorso a Castellaneta presso il museo Valentino. 
A relazionare sul mondo della “cannabis sativa”, questo il nome scientifico della canapa industriale, è stato Claudio Natile, presidente di Canapuglia ed Ilaria Di Palma. 
Nel frattempo un progetto di riuso dell’ex filatura Miroglio per riconvertirlo alla trasformazione della canapa è stato anche proposto all’amministrazione comunale retta dal sindaco Giovanni Gugliotti. 
Tutto però diventa problematico quando si inizia a parlare di business plan e di rioccupazione degli operai ora in mobilità. 
Da sx Moccia, Claudio Natile ed Ilaria di Palma di CanaPuglia, associazione di promozione dell'uso della canapa.
Pesano anche i pregiudizi “alimentati ad arte negli anni ’30 del 1900 quando la canapa da fibra era una concorrente delle fibre sintetiche” dice Natile. 
Dal 1998 la sua coltivazione è diventata legale in Italia, ma resta difficile assicurarle un mercato, una distribuzione capillare e retribuire in maniera equa i suoi produttori. 
Canapuglia, associazione che ha percepito un contributo nell’ambito di principi attivi, il programma della regione Puglia nato per finanziare imprese innovative, si occupa  di far conoscere e valorizzare le  numerosissime applicazioni della canapa. 
L’Italia fino agli anni ’50 era il secondo produttore mondiale in un mercato potenzialmente sterminato come quello delle fibre tessili. La canapa usata come fibra tessile “era molto più adatta e resistente all’uso ed inoltre adattissima a fornire polpa di cellulosa per la carta”. 
Fino “ai componenti di carrozzeria di un prototipo di auto di Henry Ford ed all’etanolo di canapa come carburante”. Questo solo per citare alcuni degli esempi di utilizzo di una pianta che “conta circa 25mila possibili usi”. 
A giudicare dal tavolo della conferenza, ingombro di prodotti, in giro ce ne sono già tanti, pur non trovando spazio nelle grandi catene commerciali e solo una modesta e poco varia presenza sui siti di commercio online.
Natile ha raccontato la sua storia, partita con la coltivazione di un solo ettaro di canapa a Conversano (Bari), non prima di aver coinvolto la guardia di finanza per evitare intoppi inutili. 
Da allora l’idea ha fatto strada, si è diffusa in tutt’Italia grazie anche all’esperienza pugliese (oltre 100 ettari in Puglia nel 2013) fino a interessare le imprese “pur avendo perso gran parte delle tecniche di coltivazione”. 
L'infiorescenza della canapa.
Primo passo quindi "il recupero delle varietà coltivate negli anni ‘40, come l’eletta campana, idonea al clima caldo-arido pugliese".
Anche se secondo Assocanapa il germoplasma di quest'ultima sarebbe andato perduto.
In Europa, è la Francia il leader nella coltivazione di questa pianta utilizzata in campo medico, un campo più che presidiato dalle lobby.
La canapa ha trovato nemici potenti nel corso del tempo e forse a questo si deve la sua scomparsa, con il tentativo di reintrodurla ora, quando gli alti costi petroliferi e la coscienza ambientale potrebbero spianarle la strada una seconda volta. 
Intanto la stessa associazione ha svolto una visita dimostrativa presso la masseria Fornaro a Taranto per il 5 luglio scorso.
Come si ricorderà questa azienda di ovini a due passi dall’Ilva fu interessata da un decreto di abbattimento dei suoi capi. 
La canapa è stato il mezzo per diversificare la sua produzione e bonificare i suoi terreni, avviando una sperimentazione scientifica per testarne i benefici reali.

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