NATUZZI DISMETTE TRE STABILIMENTI IN ITALIA / REAZIONI VENDOLA E DURANTI.


NATUZZI
La slide proiettata in Confindustria a Roma che conferma i tagli
includendovi a Marzo 2014 anche lo stabilimento di jesce a Matera
QUOTIDIANO DI PUGLIA 2 LUGLIO 2013
di Nicola NATALE
Dopo i numeri e le prese di posizione, ci sono le persone. 
La sostanziale conferma degli esuberi, con l’annunciata richiesta di mobilità per 1726 collaboratori del gruppo Natuzzi a partire da ottobre prossimo, fa deflagrare ancor di più la crisi nel quadrilatero del salotto. Ma non solo a Ginosa, Laterza, Matera e Santeramo, città che ospitano rispettivamente gli stabilimenti e la sede centrale del gruppo. Sono in ogni angolo di Puglia e Basilicata le famiglie coinvolte nell’impresa Natuzzi, attiva fin dal 1959. Delusione, sconcerto, rabbia ma anche sostanziale indifferenza da parte di chi è riuscito a preparare per tempo il suo salvagente. Pochi per la verità, mentre i più ascoltano con preoccupazione crescente le cattive notizie che vengono da Roma. 
Questa volta mancano gli ottimisti che intravedono nel balletto di numeri una regia tesa ad ottenere il più possibile al tavolo del negoziato. La nudità delle cifre e la volontà di non richiedere ulteriore cassa integrazione fanno intendere che per il distretto del mobile imbottito made in sud si è arrivati ad un’evoluzione storica. O si cambia o si muore, per non fare la fine dei dinosauri. 
La Natuzzi vuole arrivare così fino al 2018” commenta Giuseppe Di Fonzo, operaio e rappresentante fillea cgil preannunziando lo sciopero generale in tutti gli stabilimenti. Così, si spera, si salverà il grande impero del divano che aveva messo a sedere il mondo partendo dalla murgia pugliese. 
Un periodo pioneristico, che mise molti nati negli anni ’70 ed ’80 a confronto con il mondo industriale, con i suoi turni, la sua produttività,  ma anche con le sue buste paghe sicure. Con quell’idea di progresso sottolineata dai premi aziendali, dalle feste per i risultati raggiunti con tanti di cantanti noti a livello nazionale. 
Altri tempi, preceduti perfino dalla quotazione a wall street nel lontano 1993, una cosa più unica che rara per un’azienda che aveva il suo cuore nelle fascinose sì, ma pur sempre povere terre della murgia, a cavallo tra puglia e basilicata. 
Che rischiano di tornare al punto di partenza essendo ogni produzione, non solo quella dei salotti, spostatasi nei paesi emergenti. Su quest’ennesimo colpo al mondo del lavoro si affollano le dichiarazioni dei politici, chiamati a gestire una crisi occupazionale e sociale senza precedenti, che mina alla base quel concetto che la Puglia nel sud, era quella che meglio resisteva alla crisi. 
Nichi Vendola, presidente della regione Puglia e Pasquale Natuzzi in una visita allo stabilimento di Laterza (Taranto)
(xmas press)
Per primo si muove il presidente della giunta regionale Nichi Vendola che parla di “un piano lacrime e sangue che va oltre ogni ragionevole condivisione”. E per questo che il presidente chiede anche lui al ministro per lo sviluppo Flavio Zanonato “l’immediata convocazione di un tavolo nazionale per ricercare possibili soluzioni”. 
Per Vendola la vertenza natuzzi sta prendendo “una piega  assolutamente inaccettabile e pericolosa”. Le dichiarazioni del leader di sel si fanno puntute quando chiamano in causa il governo nazionale che deve intervenire con  serie e credibili proposte di politica industriale che, fino a questo momento, hanno più brillato per assenza che non per efficienza e concretezza”. 
Il presidente della giunta promette anche un nuovo “tavolo operativo contro la piaga del sommerso che inevitabilmente produce abbassamento del costo del lavoro e cancellazione di diritti fondamentali”. L’ultima stoccata è per Pasquale Natuzzi al quale ricorda “il lavoro straordinario e faticoso per chiudere l’accordo di programma sul mobile imbottito” con i famosi centouno milioni di euro che rischiano di rimanere lettera morta. 
Per Vendola bisogna saper guardare oltre e lavorare alla costruzione del distretto della casa e dell’arredo. Non manca anche la presa di posizione dell’on. Donatella Duranti che ricordando la sua interrogazione del 17 giugno scorso sollecita le risposte del governo criticandone il silenzio e “la confusione che regna nell’indirizzare le attività produttive”.

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