NATUZZI / CONFERMATA LA CATASTROFE. ADDIO AL DISTRETTO DEL MOBILE AL SUD?
QUOTIDIANO DI PUGLIA 2 LUGLIO 2012
di Nicola NATALE
NATUZZI lo stabilimento di Ginosa (Taranto) |
Mobilità per
1726 dipendenti e chiusura degli
stabilimenti di Ginosa e della Martella, presso Matera. Ma anche di Jesce a Matera.
Pochi prevedevano un
esito così catastrofico dalla presentazione del piano industriale natuzzi ieri
a Roma. Non saranno solo gli operai ad essere toccati questa volta: la campana suona
anche per 146 addetti commerciali ed amministrativi della sede centrale di
Santeramo in Colle, in provincia di Bari, ricompresi nel “piano di
salvaguardia”.
La notizia è arrivata in un baleno negli stabilimenti pugliesi e
lucani del gruppo, con gli operai che quasi volevano smettere all’istante di
lavorare. I telefonini dei rappresentanti hanno cominciato a squillare
incessantemente.
La presentazione del piano in confindustria a Roma il 1° luglio 2013 |
Il management della Natuzzi (presente all’incontro in
confindustria con Umberto Bedini, Giambattista Massaro, Vincenzo Di Taranto, Giuseppe Clemente, Vittorio
Notarpietro) ha messo subito i convenuti al corrente “dell’approfondita
analisi condotta sui cambiamenti strutturali in atto nel settore dell’arredo”.
La
messa in mobilità, secondo l’azienda, è l’unica in grado di riportare la
società in condizioni di redditività.
Ma anche per chi resta la vita non sarà
rosea: tutto ruota intorno al costo-lavoro per minuto. Questo costo dovrà
passare dagli attuali 0,91 euro al minuto a 0,5 euro.
Una condizione
impossibile secondo le organizzazioni sindacali presenti all’incontro con i
vertici nazionali e regionali delle associazioni di categoria e i
rappresentanti sindacali unitari che negli stabilimenti ci lavorano.
Secondo
l’azienda nei conto-lavoro, origine della concorrenza sleale e del lavoro nero,
il costo arriva anche a 0,25 euro al minuto.
E’ su queste cifre che si
gioca il futuro degli stabilimenti italiani del gruppo Natuzzi. E tanto più calano
i redditi, tanto più calano gli ordini e la qualità media del prodotto base. Tuttavia
la linea per l’azienda è questa se si vogliono salvare i rimanenti 2.789
dipendenti di cui 1449 interni e altri 1340 nell’indotto. Le linee guida
strategiche, dicono i manager procedendo come un rullo sugli astanti attoniti, sono
di “un allineamento dell’attuale struttura operativa alle effettive esigenze
dei mercati” e di “forti investimenti in innovazione di processo e di prodotto,
in marketing e comunicazione, nello sviluppo dei punti vendita per un
investimento complessivo di 190 milioni di euro”.
Tradotto per chi non lo
avesse ancora capito “gli attuali organici non sono più sostenibili e
tecnicamente non possono essere più gestiti attraverso la cassa integrazione
straordinaria che ha già coinvolto 1450 collaboratori nel 2012, dei quali 674 a
zero ore”.
Il gruppo internazionale dei divani “pienamente consapevole
dell’impatto nel territorio si augura di trovare un percorso condiviso con istituzioni
e sindacati per trovare soluzioni efficaci e sostenibili”. Anche perché non manca di ricordare “il
nostro ebit negli ultimi cinque
anni (il risultato ante oneri finanziari altrimenti detto reddito operativo
aziendale) é di meno 140 milioni di euro”.
Fin qui l’azienda, ma non tarda la
risposta durissima dei sindacati.
Di piano vergognoso parla Paolo Acciai,
segretario nazionale filca cisl, presente all’incontro romano. E poi aggiunge “in
queste ore stiamo programmando una serie di scioperi in tutti gli stabilimenti
e stiamo formalizzando una richiesta di incontro alla presidenza del consiglio
ed ai ministeri del lavoro e dello sviluppo economico”.
“L’azienda” conclude
Acciai “ ha anche dichiarato “che se non si abbasserà il costo del lavoro potrebbe procedere ad ulteriori licenziamenti nei prossimi anni”.
Sulla stessa
linea Silvano Penna, della fillea cgil regionale che con il segretario nazionale
Rossi denuncia la mancanza di volontà del gruppo di trovare una soluzione alla
drammatica situazione occupazionale e “preannuncia una stagione di lotte
durissime”.
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